È un libro, quello di Angela Bianca Saponari, che prova ad analizzare il tema della migrazione attraverso l’analisi di alcuni film che hanno trattato l’argomento sotto varie sfaccettature. Si parla di vicende tragiche, epiche, di diseredati che sperano in una nuova nascita per cancellare le tristi e deplorevoli tracce del proprio passato, si parla di un’attesa che custodisce in sé il desiderio e la paura di diventare realtà.
Dagli anni Novanta fino ad oggi la migrazione verso il nostro Bel Paese è stata al centro dell’attenzione di svariati registi che ne hanno colto significati diversi con approcci differenti, ma con lo stesso obiettivo di ricordare il nostro passato che è stato per molti versi simile a quello degli immigrati di oggi. In un “recente” passato difatti eravamo noi gli immigrati che nel secondo dopoguerra lasciavano le proprie terre per dirigersi verso posti lontani e pieni di speranze. La cosiddetta “terra promessa” però forse non esiste e i registi del cinema italiano ci hanno narrato di personaggi senza storia, dei loro percorsi incerti, ma ricchi di sensibilità.
“Il corpo esiliato. Cinema italiano della migrazione” (Progedit editore, pagg. 100, € 16,00) affonda le radici nel tema della migrazione affrontando con enfasi il tema di un’attesa fatta di vicende quanto mai attuali. L’autrice scandaglia la storia del cinema italiano della migrazione parlando della dimensione quasi eroica che questi uomini assumono in determinate situazioni del loro percorso verso una vita migliore. Sono storie di tensioni e di speranza, storie di “diversi” che cercano di superare gli ostacoli posti dalla nostra società che crea spesso una distanza incolmabile tra i cittadini e gli immigrati. Le pellicole studiate dalla Saponari raccontano di persone reali simbolo della nostra storia, gente che vorrebbe e potrebbe perfettamente integrarsi con la nostra terra e che a volte vede i propri sogni materializzarsi mettendo piede sul suolo italiano. Sono viaggiatori che intraprendono un cammino verso l’ignoto, attraversando un mare che è simbolo di transito e incertezza. Questo libro ci racconta una verità scomoda e dolorosa, ricordandoci che l’intolleranza verso nuove culture è unicamente chiusura mentale e si dovrebbe imparare invece ad apprezzare il fascino della diversità, eliminando i pregiudizi che ci fanno giudicare in modo affrettato. I registi italiani hanno provato a lasciare una testimonianza di quel senso di appartenenza a cui si aggrappano gli immigrati che non sempre hanno la forza e gli strumenti per difendersi dall’ostilità riscontrata nel nuovo territorio in cui si trasferiscono. Attraverso uno sguardo sulle storie semplici in contesti sociali degradati a volte al limite dell’illegalità, le pellicole cinematografiche sul tema hanno spiegato i drammi dell’identità, della separazione dai propri affetti e dalla propria terra, il desiderio di libertà che spesso si rivela soltanto un’illusione nella società contemporanea.
La seconda parte del testo poi affonda le radici nel tema della migrazione interna, quella prodotta dagli Italiani del sud che si spostavano e si spostano verso il nord per cercare lavoro in quest’ Italia “divisa”. La Saponari studia i pro e i contro dell’allontanamento dal microcosmo domestico ed esamina la questione meridionale nell’ottica dei registi italiani che si sono cimentati sul tale questione. Un libro che, con le sue varie sezioni, indaga e approfondisce l’attualissimo tema della migrazione con uno sguardo al passato e attraverso l’uso di un linguaggio e di uno stile saggistico, ma semplice e coinvolgente.