Una popolana affida il suo personale senso della vita a una fitta corrispondenza con il santo patrono della propria città , un santo venerato in ogni angolo del mondo
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Scrivere lettere a un santo, al santo patrono della propria città , è oggi pratica a dir poco inusuale, senz’altro sorprendente. Eppure, con il suo nuovo libro, Maria D’Apolito Conese affida a una voce che viene dal popolo della città vecchia, tanto primitiva quanto intraprendente, quella della popolana Domenichella Jusco, il compito di rappresentare la sua personale ricerca di senso e di libertà come donna.
La donna scrive al santo perché egli le è padre e come con un padre, dopo una lunga storia di reverenza e rispetto, si concede, ormai donna fatta, qualche piccola confidenza, le lettere appunto: in cui finalmente lei, ultima tra gli ultimi, è ammessa niente di meno che alla sua conversazione, al colloquio con il solo capace della vera protezione. Nella religiosità spontanea e sincera di Domenichella, infatti San Nicola appare come un misto di divinità e magia, il riferimento unico e sicuro di tutta la sua vita.
Alle accorate domande che attraversavano la terza raccolta di poesie di Maria D’Apolito Conese, La vite me pìgghie pe mane, domande a cui nessuno voleva né sapeva rispondere, segue il flusso impetuoso di parole e di pensieri di queste lettere, e la risposta ora può essere anche soltanto una crocetta su un foglio bianco. Ognuno, per quanto sprovveduto possa apparire, sembra suggerire Maria D’Apolito Conese, ha il diritto e insieme la necessità di dare parola al proprio punto di vista sul mondo in cui vive. E, se come sempre più spesso accade, voci arroganti, tanto in famiglia quanto nella società , occupano lo spazio della dignità e della riflessione con il fragore di risposte volgari, allora non resta che il territorio sommesso e fertile della scrittura.
Maria D'Apolito Conese è nata a Gioia del Colle, ma vive a Bari. Conquistata dal fascino della lingua dialettale, ha cominciato a usare questo linguaggio per dare voce al cuore. Nel 1984 pubblica Jè chesse la vite? (Giuseppe Laterza, Bari), nel 1988 vede la luce presso Schena (Fasano) la seconda raccolta di poesie: Cusse guste desperate pe la vite; per Progedit ha pubblicato La vite me pìgghie pe man (2003) e Lettere a San Nicola (2006). Del 1993 è il libro di fiabe e racconti: Mazze e panelle, Cande e storielle (Schena, Fasano). Nel 1996 ha ricevuto il premio Caravella d'Argento per la Piedigrotta barese e nel 1997 ha ricevuto il Premio Antigone per la poesia.
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