Il dialetto barese trascende la tradizione e attinge alle radici dei sentimenti umani
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11,00€
Con la raccolta di versi La vite me pìgghie pe mane, Maria D’Apolito Conese conclude una trilogia poetica cominciata con Je chesse la vite? e continuata con Cusse guste desperate pe la vite.
La trilogia, che è un percorso alla ricerca del senso della vita, nell’ultima opera approda nella calda spiaggia assolata della serenitĂ . Dopo le tempeste, le cadute, le delusioni, la malattia, ecco che, con la maturitĂ , l’esistenza mostra il suo vero senso: un fiore che torna a emanare il suo profumo e a mostrare i suoi colori.
Per scrivere i suoi versi, per esprimere la sua poesia Maria D’Apolito Conese usa il dialetto barese con una potenza espressiva che trascende il folclore e la tradizione e attinge alle radici piĂą intime dei sentimenti umani.
In questa cornice trovano spazio, tuttavia, i ricordi, le storie e i sapori della sua terra. Il sole, la musica, la domenica, la luna, il capodanno, un paio di scarpe di pelle lucida, una fetta di melone… tutto concorre a prenderci per mano e a farci gustare la vita.
Maria D'Apolito Conese è nata a Gioia del Colle, ma vive a Bari. Conquistata dal fascino della lingua dialettale, ha cominciato a usare questo linguaggio per dare voce al cuore. Nel 1984 pubblica Jè chesse la vite? (Giuseppe Laterza, Bari), nel 1988 vede la luce presso Schena (Fasano) la seconda raccolta di poesie: Cusse guste desperate pe la vite; per Progedit ha pubblicato La vite me pìgghie pe man (2003) e Lettere a San Nicola (2006). Del 1993 è il libro di fiabe e racconti: Mazze e panelle, Cande e storielle (Schena, Fasano). Nel 1996 ha ricevuto il premio Caravella d'Argento per la Piedigrotta barese e nel 1997 ha ricevuto il Premio Antigone per la poesia.
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