Il divario generazionale nell’uso delle TIC e nelle pratiche di apprendimento
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Questo numero speciale della rivista, intitolato “Generation Y, Digital Learners, and Other Dangerous Things”, curato da Stefano Cantoni e Lorenzo Tardini, intende esplorare l’esistenza di un divario generazionale nell’uso delle TIC e nelle relative pratiche di apprendimento. Perciò analizza le pratiche d’uso delle TIC da parte dei giovani, proponendo una mappa interpretativa di tali pratiche e – se necessario – demistificando assunzioni non verificate e/o conclusioni eccessivamente generalizzate.
Il numero comprende un articolo introduttivo, nel quale i curatori autori tracciano lo stato dell’arte del dibattito sull’argomento, categorizzando gli attori principali che hanno promosso queste espressioni e le loro controparti critiche e inserendolo nella più ampia discussione sul rapporto fra media e persone, e sui diversi possibili approcci nei confronti delle tecnologie, in particolare il determinismo e lo strumentalismo.
L’articolo “invited” di Schulmeister intende invece promuovere il dibattito, controbilanciando molti approcci ingenui, e proponendo di abbandonare un approccio aut-aut a favore di uno et-et: occorre lasciarsi alle spalle narrative apocalittiche come “I giovani che apprendono sono completamente diversi” – narrative che vengono spesso usate come comoda autogiustificazione per i fallimenti nelle pratiche di insegnamento e apprendimento – e adottare narrative più complete come: “i nuovi studenti usano molto le TIC insieme ad altri media pre-esistenti, e le usano anche per soddisfare gli eterni bisogni di socializzazione e di riconoscimento sociale”.
Il numero include infine due articoli che presentano studi specifici, radicati in determinati contesti socio-geografici, e offrono spunti utili per comprendere alcuni aspetti particolari dell’adozione delle TIC nelle pratiche di apprendimento e di socializzazione.
Perché si chiama «Qwerty»?
È il modo con cui viene denominata la tastiera europea. Si tratta delle prime lettere della riga più in alto nella tastiera e quest’ordine è stato introdotto perché, quando si cominciarono a usare le macchine da scrivere con le tastiere rispettose dell’ordine alfabetico, la gente andava troppo veloce e i tasti si aggrovigliavano. Allora furono mescolate le lettere in modo da rallentare la scrittura, successivamente, nonostante questo problema sia stato completamente superato, la tastiera è sempre rimasta così. Ebbene, commenta il direttore M. Beatrice Ligorio, “noi crediamo che questa sia una buona metafora dell’intreccio tra cultura e strumenti tecnologici. Infatti, le tecnologie basate sul computer costituiscono degli artefatti culturali presenti con diversi gradi di profondità nelle attività quotidiane di studio e di lavoro degli individui, dei gruppi sociali e delle istituzioni”.
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