Fonte: “Il cappello sulla spiaggia” il primo romanzo di Marilina Sepe | Gazzetta dal Tacco
Chi conosce Marilina Sepe immagina subito l’attrice che presta la sua voce, il suo viso, uno nessuno a centomila personaggi in cerca di volto (parafrasando Luigi Pirandello). E lei immedesimandosi scrupolosamente in ogni opera, … finge così bene che arriva a fingere che è dolore, il dolore che davvero sente… tanto per citare una lirica famosa di Fernando Pessoa e lei, dimenticando il fremito che la fa sentire piccina, diviene l’interprete del sentire dei presenti che, nell’opera in scena cercano qualcosa di se stessi e fedeltà all’essenza che spinge il drammaturgo a comporre.
La Sepe aveva già ricevuto riconoscimenti per dei suoi racconti, ma qui, col “Il cappello sulla spiaggia” (Progedit edizioni pagg. 144 € 15,00) svela un aspetto inedito di scrittrice raffinata e profonda di chi ha rielaborato il pensiero meridiano di Franco Cassano e si mostra orgogliosa di appartenere al Sud umano. Colpisce quell’ironia sottile tipica di Italo Calvino con la quale plana sull’immensità del mare di memorie che si fa specchio e punto d’incontro e luogo terapeutico per dare parola a collaudate abitudini e rimossi relitti, delusioni che giacciono sul fondale del mediterraneo interiore. Il protagonista del romanzo e un tal Cavalier Attilio Crisafulli, un uomo solo per scelta all’apparenza abitudinario che a ben pensare svela e rappresenta l’uomo nuovo, amante dei ritmi lenti suggeriti dal nostro canta/protestatore Enzo Del Re. Un uomo metodico che sa muoversi a passettini nell’area (e Aria afosa) dei nostri paesi affacciati sul mar di mezzo e che la penna di Marilina Sepe evoca con poeticità. Un romanzo che ci fa riflettere sull’intensità e possibilità offerte delle ventiquattro ore con i suoi incontri pronti a scompigliare ogni maschera e a riconsiderare gli esseri umani e la preziosità dei ricordi con quella lucidità di chi nell’incresparsi delle acque salate, aggiunge alla propria consapevolezza dell’amare e amore, delle comparse, dei figuranti che sembrano catapultarsi, per uno scherzo del destino, nelle nostre processioni rituali sulle quali Maria Conti e Carmelo Bene avrebbero chiosato. “Il cappello sulla spiaggia” è quindi un’opportunità per inquadrare, esplorare il mondo che gira con le sue regole nelle quali siamo come formiche che cercano provviste per un inverno che verrà con le sue malinconiche manifestazioni; sono pagine che mettono a nudo l’anima, che vive in calibrata solitudine e spia le “prosperose forme” fuori del recinto del piccolo Eden. Nelle sinusoidi delle onde che queste pagine, obbedendo alla grammatica dell’acqua, ritroviamo sulla battigia del nostro essere il dipanarsi dei condizionamenti. Un libro, quello della Sepe che ben esprime l’esigenza di uno spirito onesto e tumultuoso di un’intelligenza vivace che combatte con se stessa per condividere l’emozione al meglio coll’energia e delicatezza attraverso le quali la vita, anzi le vite ci vengono restituite con tutto il loro valore, con il loro profumi pungenti, sapori, musiche e raggi colorati che sanno accarezzare il mare unito al cielo e, lasciando il cappello sulla sabbia per tuffarci nella trasparenza che porta in grembo il fremito, il brivido, l’essenza nascosta per essere protagonisti del levante come sorgente che con freschezza attanaglia le caviglie di chi si sente inadeguato e dimentica il bello cercando nel buio delle proprie paure il cappello da poggiare sulle lenti rotte che scivolano sul naso assieme a goccioline di sudore e fatica per vivere.