Massimo d’Azeglio Ettore Fieramosca
Recensione di Maria Pia Latorre
Dato alle stampe, dalla casa editrice Progedit, il volume Massimo d’Azeglio Ettore Fieramosca, una delle ultime pubblicazioni del prof. Ettore Catalano, con illustrazioni di Noemi Quintieri, all’interno della collana Classici Ragazzi Illustrati.
In un agile racconto storico, narra le vicende della Disfida di Barletta, legandola ad uno dei suoi protagonisti, Ettore Fieramosca, e allo scrittore, pittore e politico piemontese Massimo d’Azeglio, che nel 1833 curò la stesura di una riscrittura romanzata dell’accadimento, opera che divenne un importante best seller del Risorgimento italiano. Nell’intento di d’Azeglio il romanzo doveva tendere ad accendere gli animi degli Italiani verso una rinnovata idea di identità nazionale e verso l’ideale di riscatto dallo straniero, tanto che lo stesso suocero, Alessandro Manzoni, se ne lasciò innamorare.
Una sorta di ricostruzione narrativa di storia nella storia, l’operazione compiuta dal prof.Catalano, costruita su un doppio binario, quello cinquecentesco e quello ottocentesco, che si lascia agevolmente scorrere grazie all’artificio dell’impiego di note storiche sapientemente disseminate all’interno del volume, riconoscibili da una diversa e propria veste grafica, che camminano in parallelo con la storia della Disfida.
Di rara intensità ed efficacia, il romanzo Massimo d’Azeglio Ettore Fieramosca riesce a restituirci le atmosfere, gli usi, i costumi, la mentalità rinascimentale nel Regno di Napoli, dacché con un doppio salto mortale, di straordinaria agilità, ci fa toccare con mano come quelle vicende furono percepite e diedero grande impulso agli ideali di nazionalismo dell’Ottocento italiano, così da far vivere al lettore una duplice esperienza storica, in un appropriato contesto letterario.
Un’opera è storica quando “è ambientata in un’epoca precisa e intende trasmetterne lo spirito, i comportamenti e le condizioni sociali attraverso dettagli realistici e con un’aderenza ai fatti documentati”; in questo caso l’abilità dell’Autore ha compiuto addirittura una operazione alla Borges, in una sorta di camera degli specchi in cui la verità contenuta in uno specchio rimanda a quella contenuta nell’altro. «Riprendere oggi il romanzo del 1833 e raccontarlo ai giovani lettori, sfrondandolo da ripetizioni e da inutili complicazioni “gotiche”, vuol dire ridargli quella dignità di “classico” che merita come documento di una passione intellettuale e politica che voleva costruire, contro ogni precetto letterario o preteso canone, come era chiaro alla coscienza del suo autore, una inedita e polemica identità italiana» così espone in Prefazione il prof. Catalano.
Ma se, in precedenza, l’Autore ha avvertito che non si può credere che l’episodio della Disfida sia stata un’anticipazione del sentimento di riscatto dell’unità nazionale, quale il senso fondante di questa opera? E’ sempre il prof. Catalano a spiegarcelo: «Oggi sogniamo un’altra Italia, non quella miserevole dei pasticci, della corruzione e dell’affarismo bieco che rischiano di sottrarre anche alla politica il suo fondamentale compito di educazione e formazione del cittadino. Oggi, forse, ha ancora un senso raccontare di nuovo di Massimo e del suo Ettore e non solo per ridargli il posto che gli spetta nella non esaltante storia civile delle nostre patrie lettere.
Di rilevante valore educativo la nota finale, dal titolo “Verità e verosimiglianza”, dalla quale traspare il rigore dello studioso impegnato a formare coscienze, e i chiari valori ai quali l’Autore s’ispira. Grande l’abilità manifestata nel trattare temi delicati, chiaro esempio del fatto che ai ragazzi si possa parlare di tutto, purché si sappiano utilizzare gli strumenti linguistici e psicologici idonei. Dunque alti gli intenti espressamente dichiarati dall’Autore, ai quali fanno da contraltare leggerezza e rapidità di scrittura, sintesi perfetta che fa muovere il romanzo verso una conclusione che, con slancio generoso, l’Autore pone nelle mani dello stesso d’Azeglio.