Postfazione di Francesco Paolo Casavola, Presidente emerito della Corte costituzionale, a “La visione dell’Europa e del suo futuro” di A. Valente

Postfazione di Francesco Paolo Casavola, Presidente emerito della Corte costituzionale, a “La visione dell’Europa e del suo futuro” di A. Valente

Postfazione al libro di Aurelio Valente “La visione dell’Europa e del suo futuro”

L’esame accuratissimo dell’europeismo dei presidenti italiani Ciampi, Napolitano, Mattarella, torna a gran merito nel libro “La visione dell’Europa e del suo futuro” di Aurelio Valente. Tuttavia stiamo avvertendo, proprio in questi ultimi mesi, un mutamento nel quadro politico europeo. La Brexit incide profondamente nella portata valoriale dell’unione. Uno degli Stati della storia più antica e prestigiosa e di portata mondiale del continente europeo, sceglie di essere restituito alla estraneità rispetto all’organismo dell’Unione. È un giudizio utilitaristico di opportunità quello che ha guidato i cittadini britannici ad una così grave decisione? Non se ne hanno informazioni adeguate. Nella prossimità della scadenza elettorale per la formazione del nuovo Parlamento europeo, la informazione politica è stata attratta dall’apparizione di nuove formazioni di partiti e movimenti sovranisti o populisti, che certo non semplificano, anzi complicano, le previsioni sulla direzione verso cui si sta muovendo l’Europa. I parametri della globalizzazione economica e finanziaria si stanno di nuovo riempendo di contenuti politici di potenza di grandi Stati, Cina, India, Russia, Stati Uniti. L’Unione europea potrebbe raffreddare questo surriscaldamento di strategie di governo mondiale, a patto di rafforzare la propria unità, da monetaria e burocratica a sempre più sostanziale e culturalmente politica. Sinora, storicamente, la vita dei popoli europei ha ottenuto dall’Unione uno stato di pace, uscendo da quella condizione bimillenaria di stato di guerra, suggerendo a Immanuel Kant, nel suo settecentesco “Per la pace perpetua”, il giudizio che fino ad allora si era trattato di una guerra perpetua intervallata da armistizi. Da quella invincibile vocazione alla autodistruzione gli europei ottenevano di dividersi in un numero spropositato di Stati e Staterelli. Basti pensare alla Germania che passò da trecentosessanta a duecentocinquanta nella guerra franco-prussiana del 1871. Appena nel 1848 in un verbale della Dieta di Francoforte era scritto: “Da noi, ogni mezz’ora di viaggio si varca una frontiera”. E allora si viaggiava con quadrupedi.
I grandi Stati coronarono i sogni delle grandi identità nazionali, che sono costati due guerre mondiali e decine di milioni di morti. Oggi non sembra sia da temersi uno scivolamento degli europei verso velleità militariste o comunque belliciste. È piuttosto da vigilare lo sfaldamento della democrazia nella ricerca del consenso di massa o nella iperprotezione di interessi localistici o nazionali, che potrebbero agire da moltiplicatore di meccanismi modello Brexit.
Di fronte a eventualità simili, occorre accentuare ogni ulteriore strutturazione verso una Unione che abbia istituzioni comuni, come giudici e codici per un ordinamento giudiziario radicalmente transnazionale. Lo stesso dicasi per l’ordinamento amministrativo. La cittadinanza europea deve essere in primo luogo una cittadinanza giuridica. L’Europa deve essere una Patria giuridica, non retoricamente politica. La storia ci insegna che Roma riuscì a fare del mondo una patria comune, perché nel 212 d.C. stabilì che tutti coloro che abitassero nei territori dell’Impero fossero cittadini romani.
Oggi la globalizzazione non consentirà una tale compattezza ed estensione dello status di cittadino del mondo. Ma poche grandi cittadinanze possono valere a conservare pace e giustizia al pianeta Terra. Perchè gli Europei dovrebbero sottrarsi a questo compito?

Francesco Paolo Casavola Presidente emerito della Corte costituzionale

Data: venerdì 28 Giugno 2019
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