Recensione di Carlida Steffan a “Il maestro di setticlavio”, a cura di E. D’Angelo, su “VerdiPerspektiven”

Recensione di Carlida Steffan a “Il maestro di setticlavio”, a cura di E. D’Angelo, su “VerdiPerspektiven”

Recensione di Carlida Steffan a Il maestro di setticlavio, a cura di Emanuele d’Angelo, su “VerdiPerspektiven” di gennaio 2016.

Camillo BOITO, Il maestro di setticlavio, a cura di Emanuele D ’ANGELO,
postfazione di Anselm G ERHARD , Bari, Progedit, 2015, 132 pp.

Pubblicata nel 1891 sulle pagine della Nuova antologia (le lettrici ne furono entusiaste), la novella Il maestro di setticlavio dell’architetto e teorico del restauro Camillo Boito (1836-1914: al suo attivo due raccolte di Storielle vane tra cui Senso) è ambientata in una Venezia di poco posteriore alla metà dell’Ottocento (dopo la creazione di Rigoletto) e fornisce uno spaccato della provincia pedagogica canora, tra convenienze della musica sacra marciana e suggestioni squisitamente lagunari di barcarole e canti notturni en plein air.
Naturalmente il fatto che Camillo sia il fratello maggiore di Arrigo Boito, librettista di Verdi, non basta da solo a giustificare la recensione in questa sede di un’ulteriore riedizione della novella. Fatto è che se si rilegge Il maestro di setticlavio nella versione curata da Emanuele d’Angelo e si fa tesoro della prefazione (1-33) dello stesso d’Angelo (sua la monografia su Arrigo Boito uscita per i tipi veneziani di Marsilio nel 2010) e della postfazione (107-122) di Anselm Gerhard, il testo si rivela assai più interessante, prezioso al pari di Massimilla Doni di Balzac per altro contesto.
Permette di precisare l’àmbito musicale veneziano, extra teatrale, che fa da sfondo alla creazione delle opere verdiane e che ha inevitabilmente condizionato la recezione (finora considerata quasi esclusivamente grazie alle recensioni apparse sui periodici locali) di un titolo altamente significativo come Rigoletto.
Come documentano puntualmente d’Angelo e Gerhard, Camillo Boito attinge in buona parte ai suoi ricordi adolescenziali e fa della novella «un caleidoscopio plurisensoriale che abbraccia […] tutte le arti» (15; lo evidenzia Il bacio di Hayez che sta sulla copertina di questa edizione, puntualmente contestualizzato all’interno dei paratesti). Restando alla musica, i due saggi ricavano dalle pagine della novella precisi riferimenti a diversi protagonisti del mondo musicale veneziano: sotto la veste letteraria del protagonista si celano i tratti del maestro Luigi Plet, sostenitore convinto del metodo del setticlavio, come prassi di solfeggio cantato in tutte le differenti chiavi. Altri personaggi rinviano riconoscibilmente a personalità reali attive in ambito didattico perlopiù a conclusione della carriera di cantori nella cappella di San Marco, giunta alla fine di una gloriosa tradizione.
All’altezza del 1851 Camillo era a Venezia, affidato (assieme al fratello Arrigo) alle cure musicali del maestro Plet, erede, nella sua vocazione all’insegnamento del canto, di una lunga tradizione didattica che aveva visto il fiorire di scuole e scuolette private istituite per sopperire al rifiuto da parte della Municipalità di sostenere la creazione di un conservatorio di musica. In queste istituzioni si formarono dalla metà degli anni Trenta in poi diverse generazioni di musicisti (professionisti o dilettanti) per i quali resisteva il mito della scuola napoletana (Cimarosa in testa) e del bel canto dell’impareggiabile Rossini. Va da sé che ancora a metà secolo a Venezia una fetta di pubblico maturo faticasse a rinunciare a queste tradizionali condotte d’ascolto e si ostinasse a riproporre un estenuante confronto – come fa il protagonista della novella – tra una modernità avvertita come decadenza e quella nobile tradizione.
Sciolti i rimandi autobiografici e l’evocazione di un intero contesto di sensibilità estetiche, Il maestro di setticlavio pullula anche – lo evidenzia Gerhard – di «stratagemmi intertestuali» (116), che rimandano con modalità e livelli differenti alla declinazione dei personaggi e dei topoi drammatici di Rigoletto. Una lettura, a questo proposito, decisamente gustosa ed insolita. Essa lascia intravedere l’interesse che potrebbe derivare da una ricerca più sistematica fra racconti ed aneddoti, spesso sparsi nella letteratura divulgativa (periodici, almanacchi e strenne), al fine di restituirci un panorama più esaustivo della recezione di alcuni titoli verdiani altamente significativi.

Carlida Steffan

Data: venerdì 1 Gennaio 2016
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