Recensione di Federica Di Chiari, studentessa

Recensione di Federica Di Chiari, studentessa

Il libro “Mi chiamarono Brufolo Bill”, scritto da Margherita De Napoli, parla di quello che è uno dei gravi problemi dell’adolescenza, l’acne, che colpendo tanti giovani, ed in particolare il loro viso, li fa sentire a disagio. In questa età, infatti, si comincia ad avvertire l’’esigenza di sentirsi parte di un gruppo, con un forte senso di appartenenza ed identificazione. L’’aspetto fisico è uno degli elementi più importanti di questa ricerca perché permette di essere accettati dagli “altri”” più facilmente. La comparsa dell’’acne può diventare un serio ostacolo, anzitutto come fattore psicologico negativo per la persona interessata: vedere, più o meno improvvisamente, il proprio viso cambiare in peggio, minato dai temibili brufoli, può essere già traumatico, ma se a questo si aggiunge anche lo scherno degli “altri”” diventa un peso insostenibile. È’ proprio quello che accade alla protagonista del libro, Margherita, che si trova ad affrontare questo problema, che però diventa il pretesto per trattare tutta una serie di vicissitudini: dal rapporto con la scuola e con i professori, all’’amicizia, ai primi timidi innamoramenti, alle problematiche lavorative e a svariate vicende personali. Tutto, in un racconto che si svolge in un arco temporale che spazia su più anni e che ci fa capire che anche il “periodo dei brufoli””, per quanto brutto e pesante, è destinato a finire, come tanti aspetti della vita di ognuno, che è sempre in continua evoluzione: il libro termina, infatti con una citazione della saggezza orientale “Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla””, che è una incitazione a non arrendersi alle difficoltà che la vita ci può presentare.
Ed è proprio questo che mi ha colpito del libro, perché sto vivendo lo stesso periodo di cambiamento, anche se, per fortuna, non sono stata colpita dell’’acne. Il libro ci esorta a non considerare gli avvenimenti negativi come delle cose insuperabili, ma ad andare avanti comunque. Ad esempio, in un capitolo, l’’autrice parla della personalità di amici e compagni, che spesso risulta diversa dalla realtà. Qualcuno maschera la sua eccessiva timidezza con atteggiamenti aggressivi, altri si nascondono dietro alla propria timidezza per non assumere mai delle responsabilità. Ne deriva la necessità di valutare tutte le persone non solo in base all’aspetto esteriore, ma anche ai loro comportamenti.
Per questo motivo, oltre che per la facilità di lettura, consiglierei il libro, ai miei coetanei perché possano avere spunti per affrontare un periodo della loro vita ricco di novità e cambiamenti. Lo consiglierei anche ai loro genitori, che magari sono troppo presi dalle “cose da grandi””, perché possano capire meglio quello che i loro figli devono affrontare in un periodo così delicato.

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