G. Elia (a cura di), A scuola di cittadinanza. Costruire saperi e valori etico-civili, Progedit, Bari 2014, pp. 184.
Per lungo tempo, la nozione di cittadinanza è stata collegata a quella di “nazione” e ha concorso a designare la condizione di appartenenza all’identità collettiva di uno Stato. Dopo le due grandi rivoluzioni, Americana e Francese, di fine ‘700, la cittadinanza è venuta caricandosi di nuove dimensioni e, soprattutto nelle democrazie dell’Occidente, essa è stata sempre più assunta a designare la sfera dei diritti universali imputabili alla persona. Questa sfera si è andata, per altro, continuamente allargando e, a fianco dei diritti civili e politici, essa tende ormai a comprendere i diritti economici, sociali e culturali. Sullo sfondo di tale evoluzione, anche l’educazione alla cittadinanza ha subito alcuni significativi cambiamenti. È l’idea di una cittadinanza aperta, una cittadinanza in larga parte da costruire e far crescere con il concorso di tutti; ma un progetto collettivo di tal genere non può prender corpo se non è alimentato da uno sforzo educativo di cui tutti sono contemporaneamente beneficiari e attori. Nel riconoscere tali questioni, attraverso un’indagine storico-comparata e una prospettiva teorico-pedagogica, il volume “A scuola di cittadinanza. Costruire saperi e valori etico-civili”, curato dal pedagogista Giuseppe Elia, che raccoglie il contributo dei docenti – Vittoria Bosna, Luca Gallo, Daniele Giancane, Giovanni Massaro, Stefania Massaro e Franca Pesare, appartenenti all’unità di ricerca denominata “Pedagogia: ricerca storica e pratico-teorica nei contesti formali, informali, non formali, attivata nel 2013 nel Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione dell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari, ben si presta a sostenere una ricca e profonda riflessione sul sistema scuola, oggi al centro di numerose sollecitazioni che ne ridiscutono il ruolo nella società. Accanto a quella che è stata definita “società dell’io”, centrata sul presente e sull’autoreferenza, la responsabilità come partecipazione si fa luogo di maturazione, scoperta, costruzione del futuro, di un tempo sociale vissuto come significativo e progettuale. Di qui lo sviluppo più attuale dell’idea di responsabilità sociale esercitata per gli altri e con gli altri, coniugata come cittadinanza attiva, essa stessa livello di qualità della cultura democratica retta da principi di appartenenza, promozione e coesione sociale. Il dibattito avviato ha posto in essere l’importanza, sul versante educativo, di strumenti transdisciplinari e metacognitivi come il dialogo, il confronto, le capacità di negoziazione, competenze decisionali, attività di scelta autonoma che si correlano alle capacità di analisi critica e di giudizio rispetto alla realtà di riferimento, nonché alle capacità di problem solving. È dunque necessario far interagire la dimensione cognitiva (i saperi) con la dimensione socio-affettiva (atteggiamenti e comportamenti) al fine di un progressivo sviluppo di una personalità socialmente sensibile e autonoma. Per educare a questo complesso di concetti, la scuola deve trasformarsi in una comunità educativa: una scuola come comunità di apprendimento, luogo dove si apprende a vivere. L’attuale momento storico ci induce a riflettere sulla scuola come luogo istituzionale del pluralismo e del confronto, di educazione alla cittadinanza, del rispetto dei diritti e della formazione alla responsabilità, luogo decisivo di apprendimento, ma non esclusivo. La scuola dovrebbe caratterizzarsi come ambiente di apprendimento aperto e democratico, in cui sia data agli studenti la possibilità di esercitare i propri diritti e doveri di cittadinanza, non in quanto futuri cittadini, ma in quanto già ora cittadini, soggetti di diritti e doveri. Per far sì, la scuola deve sforzarsi di incrementare le capacità cognitive degli studenti attraverso l’informazione, l’apprendimento culturale, l’acquisizione delle competenze, l’apertura a una forma di cultura globalizzata che veda un continuo mescolamento di abitudini e stili di vita, nei confronti dei quali è necessario approcciarsi attraverso il superamento di visioni e interpretazioni individualistiche, promuovendo il principio di uguaglianza e di valorizzazione delle differenze. È indispensabile che la scuola si adoperi affinché gli alunni facciano propri i valori della comprensione, della collaborazione, della tolleranza, della solidarietà: ciascun docente si adopererà affinché i propri alunni, nella vita di classe, siano partecipi e, nello scoprire se stessi, sappiano porre le proprie capacità al servizio di tutti, in un clima di rispetto, comprensione e collaborazione. Gli studenti dovranno sviluppare la capacità di vivere con gli altri, dovranno saper esporre e sostenere le loro idee e, nel contempo, saper ascoltare, come vuole il saper vivere secondo principi democratici. Educare alla cittadinanza, nel tempo della complessità, significa declinarla sul piano della globalità, obbligando a riconsiderare i rapporti tra locale e globale, che non possono più trovare espressione nei termini di una cittadinanza tradizionale. In relazione a tale sollecitazione, gli autori pongono ineludibile le ragioni di una riconsiderazione dell’educazione alla cittadinanza che si affermi come educazione volta a liberare la mente da tutto ciò che impedisca di coltivare umanità, per formare cittadini in grado di riflettere criticamente, rispettare la differenza degli altri e riconoscersi in una comunità. Per un impegno di bene comune, non solo privato, ma personale, e proprio per questo, anche sociale, frutto di un approfondimento interpretativo ed etico.
Francesca Miani
La recensione è stata pubblicata sulla rivista “La Famiglia”, 2015