Recensione del prof. Gelsomino Placido a “L’arte dell’imprudenza” sul blog “Qual adagietto”

Recensione del prof. Gelsomino Placido a “L’arte dell’imprudenza” sul blog “Qual adagietto”

Fonte: qualadagietto.wordpress.com

HA RAGIONE LA CHIARA ZAMBONI DI VERONA
di Gelsomino Placido

Penso che questa volta abbia proprio ragione la Chiara Zamboni – la filosofa veronese – che ha terminato la sua recensione al libro di Franco Botta – L’arte dell’imprudenza (Progedit 2015)- scrivendo di essere convinta che l’autore stesso si sia ritrovato sorpreso del libro scritto. Anch’io penso che l’autore in questo caso abbia scritto, non conoscendo in anticipo l’essenziale che andava dipanando, e che se n’è accorto soprattutto a libro concluso.

In tutto il testo si coglie, infatti, una sostanziale indecisione e non si capisce se poi egli stia sostenendo che è meglio essere imprudenti piuttosto che prudenti. Dice e non dice, riprende storie vere e ne inventa delle altre. Il ristorante di Specchiolla esiste di certo e alcuni dei protagonisti sono persone in carne e ossa. Alcuni li conosco anche e posso assicurare che certamente non si muovono da Bari, se hanno voglia di mangiare del buon pesce. Perché scrivere il falso?

Desidero anche segnalare la mia sorpresa per il fatto che siano degli uomini i protagonisti del primo dei suoi due scritti. Quando uno oggi pensa a dei fumatori, la mente va inevitabilmente alle donne, e non agli uomini. Basta andare in giro per le strade o vedere di che sesso sono le persone che tra un piatto e l’altro corrono all’aperto per soddisfare il loro vizio.

Credo inoltre che il Botta assegni un ruolo troppo ampio alla prudenza e all’imprudenza e non tenga nel giusto conto la fortuna o la sfortuna nei destini umani.

Come accade nei film inglesi e americani, in questo libro non sono tanto i protagonisti principali, quanto quelli secondari che colpiscono il lettore. Il cuoco albanese poliglotta o i due tedeschi, che si fingono svizzeri e che parlano tra di loro in francese, intrigano molto, anche un lettore che legge molti libri in un anno.

Tra le cose da condividere vi è naturalmente la consapevolezza che si coglie in queste pagine sul fatto che il turismo sia un’attività ad alto impatto ambientale e sociale ed è da sottoscrivere quello che il cuoco sostiene nella lettera n.4 a Lucillo: “il turismo può distruggere il paesaggio nella stessa misura delle attività industriali”, come si può facilmente vedere nei paesi della riva Sud del Mediterraneo.

Se il Botta voleva scrivere un libro divulgativo, doveva più chiaramente argomentare in modo diretto: conviene o no essere prudenti o imprudenti? Lui invece imita Jorge Luis Borges, solo che – per nostra fortuna evita – di aggiungere al volume delle poesie, come fa invece lo scrittore argentino in Elogio dell’ombra (Einaudi editore). Finisco con un consiglio: meno civetterie, caro Botta. Confessi che lei in fondo è un uomo prudente che non tollera le imprudenze, soprattutto quelle degli altri. Su un punto sono invece d’accordo con lei: l’imprudenza è un’arte e non è alla portata di tutti. Gli stupidi dovrebbero cercare di essere prudenti, per la loro salute e per quella degli altri.

Prof. Gelsomino Placido

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