Gran numero di spettatori in Salento per la presentazione di “Fiabe e leggende di terra d’Otranto” di Cosimo Rodia
Sabato, 10 Gennaio 2015 05:46
Scritto da Elena Manigrasso
Fiabe e leggende di terra d’Otranto di Cosimo Rodia, edizioni Progedit 2014, che comprende 45 cunti della tradizione orale, ha raccolto un nutrito numero di ascoltatori nelle varie province salentine in cui il testo è stato presentato: Sabato 13 Dicembre 2014 l’autore era a Campi Salentina (LE), all’interno della XX rassegna internazionale degli autori ed editori del Mediterraneo, intervistato dalla giornalista Luisa Ruggio. Il 27 novembre ’14 Rodia presentava l’opera a Lizzano (Ta) in una serata organizzata dal “Centro per la diffusione della Lettura “G. Righini Ricci”, in collaborazione con l’I. C. “A. Manzoni”, l’Amministrazione Comunale di Lizzano, il “Gruppo di Servizio per la Letteratura Giovanile (Roma); l’Ass. “L’Aquilone” (Bari). Da non dimenticare poi la presentazione delle stesse fiabe a COPERTINO (Le) in occasione di OKTOBERBOOK, il 29 Ottobre 2014. L’intervento critico è stato curato dal prof. Eugenio Imbriani (Università di Lecce) nella incantevole cornice della Chiesetta del Convento delle Clarisse di Copertino.
Che dire, un grande consenso di pubblico e di lettori. Ma vediamo più da vicino queste fiabe, paragonate, in altri articoli di taglio critico, a cattedrali medievali: qui le pietre raccontavano il Vangelo, mischiandosi con immagini legate al quotidiano, ai proverbi popolari, al pane, al vino, al grano. Le cattedrali terminavano con le guglie, le fiabe popolari terminano generalmente con pali della cuccagna che vedono i più furbi e scaltri arrivare in cima. In cima dove si trova ogni bene di Dio, da dividere solo con i più stretti familiari. Siamo lontani dal “bene comune” fatto conoscere come concetto al nostro Sud dal compianto Antonio Genovesi. Era la fame a guidare il villano e la “massara”, certamente vivere solamente con grano, pietre e sale non doveva essere facile per il contadino che tornava dalle fatiche della campagna quasi come un “Cristo alla croce”. Nella koinè pugliese il racconto fantastico unito a quello religioso è sempre usato come esempio e come paragone alle sofferenze del vivere. Si imbastiscono storie tragiche nelle quali compaiono velette nere, lutti, dolori forti creati forse per cercare di elaborare sofferenze che nel Sud hanno tempi lunghi e regole rigidissime. Il luogo in cui si svolgono sono le vecchie masserie circoscritte da muretti a secco, entro i quali si trovano estesi vigneti, alberi da frutto, pini. Questi elementi ci suggeriscono che le fiabe raccolte oralmente dal professor Rodia sono relativamente recenti, in bilico tra l’immobilità della civiltà contadina e l’avvento della prima rivoluzione industriale, tra le righe si scorgono le prime ciminiere considerate, per i loro fuochi e per lo sgretolamento della famiglia patriarcale, luogo del diavolo.
Importante questo recupero di fiabe provenienti da Carosino, Monteparano, Lizzano, Manduria e altri paesi di terra d’Otranto. Anche per assaporare il concetto di tempo così diverso da quello contemporaneo, legato alla dittatura del “presente”. Se Face book ci dice che una notizia postata 15 minuti prima è vecchia, nelle fiabe di Rodia il lutto portato da una donna per 15 anni è un fatto normale: la donna ha fatto solo il suo dovere verso il compianto marito, in tempi neanche tanto lunghi. Il paragone mette sul feretro la civiltà contadina, a favore di una civiltà migliore? La risposta è nelle fiabe.
Buona lettura
Recensione pubblicata a questo link.