Omicidi efferati commessi dalla stessa persona, che richiedono lunghe e raffinate indagini di polizia, sono sempre più spesso al centro delle serie televisive (ormai da tempo non esclusivamente statunitensi). Così come, da più di un decennio, anche i programmi di intrattenimento hanno iniziato ad affrontare con sempre maggiori dettagli i casi criminali più misteriosi, o, in qualche caso, semplicemente più suggestivi. La criminologia è perciò diventata materia di studio assai frequentata, benché complessa per le competenze mediche, giuridiche e psicologiche che naturalmente richiede. Ma prima che negli Stati Uniti e poi nel nostro paese diventasse così comune ascoltare o vedere all’opera noti criminologi, altri omicidi seriali da parte di singoli individui, non appartenenti quindi ad alcuna organizzazione, sono avvenuti nei decenni e nei secoli precedenti: quattro di questi casi, tra i più noti e tra i più crudeli di sempre, sono esaminati nel saggio di Domenico Mortellaro, Eccellenze criminali (Progedit, pp. 100, euro 15).
Questo testo, elaborato già in occasione di un Master di Alta formazione in Scienze Forensi dell’Università La Sapienza di Roma, è solo l’ultimo in ordine di tempo tra quelli che l’autore ha dedicato ai diversi fenomeni criminali: per limitarci alla Puglia, un suo studio su Criminalità e sicurezza a Lecce è presente nel volume Tutto sotto controllo (Carocci, 2011) curato da Mariano Longo e Angelo Salento, mentre per le edizioni la meridiana ha pubblicato La camorra barese e San Pio. Al centro di Eccellenze criminali c’è invece, in particolare, l’analisi della tecnica detta del criminal profiling che «permette di studiare il comportamento di un soggetto che delinque serialmente, identificare i tratti caratteristici del suo comportamento e della sua personalità, basando i propri studi sull’analisi delle peculiarità del crimine commesso» o, secondo un’altra definizione, volta a «fornire la descrizione di un autore di reato sconosciuto, basandosi sulla valutazione di ogni più piccolo dettaglio della scena del crimine, della vittimologia e di ogni altro utile particolare».
Tra i quattro casi di omicidi seriali esaminati da Mortellaro, il più noto è indubbiamente quello di Jack lo Squartatore, che colpì cinque donne tra l’agosto e l’ottobre 1888 a Whitechapel, in Inghilterra. Andando a ritroso nel tempo, però, l’autore affronta un altro caso, ancor più crudele: quello della contessa Erszebeth Bathory, nobildonna ungherese del sedicesimo secolo. Trasferitasi nell’attuale Vojvodina, dove fu data in sposa ancora bambina, maturò nel corso degli anni una spiccata propensione al sadismo che la condusse a seviziare e uccidere più di seicento ragazze, il sangue di molte delle quali veniva poi utilizzato per i suoi bagni che dovevano servirle a mantenere la pelle sempre giovane. Anche il terzo dei casi esaminati ha acquisito una sua notorietà, grazie al capolavoro di Fritz Lang, M il Mostro di Düsseldorf. L’autore racconta così la storia criminale di Peter Kurten, che dopo un precoce duplice omicidio commesso già all’età di dieci anni, colpì a morte dodici giovani vittime, prima di venire ghigliottinato (caso assai raro nella storia della giustizia in Germania) nel 1932. All’incirca negli stessi anni, ma dall’altro capo del mondo, negli Stati Uniti, un anziano con la barba bianca, Albert Fish, diveniva probabilmente il più noto criminale cannibale della storia: trentacinque i bambini sotto i 14 anni a cui diede la morte prima di cibarsi delle loro carni: il suo è l’ultimo dei profili criminali analizzati in questo libro.
Stefano Savella
PugliaLibre
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