C’è Jack lo Squartatore che si aggira tra i vicoli sordidi di Londra, che uccide senza pietà e senza lasciare traccia di sé. C’è la sua crudeltà, ci sono le sue vittime con i corpi orrendamente lacerati, cinque donne che hanno perso la vita tra l’agosto e l’ottobre del 1888. Ci sono le supposizioni della polizia, le attribuzioni degli omicidi e la ricerca di un filo rosso che li accomuni. E poi c’è Elisabeth Bathory, l’ultima di quattro fratelli e sorelle, iniziata alla conoscenza del sesso da uno dei fratelli, promessa in sposa al figlio del barone Tomas, alleato del re d’Ungheria. Siamo nel 1575, quando i due convolano a nozze. Lui sempre assente, lei lontana dalla sua famiglia e reclusa. In seguito a violente crisi epilettiche forse la contessa sviluppa un atteggiamento sadico e violento nei confronti delle ancelle e oltre seicento diverranno le vittime della sua sete di sangue. E ancora: il terribile mostro di Düsseldorf e il cannibale Albert Fish…
Il testo, che in origine era nato come elaborato finale per il Master di Alta formazione in Scienze Forensi dell’Università La Sapienza di Roma, risente sicuramente di un approccio forse un po’ troppo accademico soprattutto nella prima parte, quando si tenta di indagare i modus operandi, riconoscere “la firma” e tracciare un profilo psico-criminologo di Jack the Ripper. Un libro che tenta attraverso le moderne tecniche di profiling di fare un po’ di luce su una figura che tutt’oggi abita l’immaginario di tutti, ma che finisce per non dire niente di così illuminante. Passata la metà del libro dedicata a Jack, una piccola carrellata di altri assassini seriali che ottiene l’unico risultato di farci venir voglia di saperne qualcosa di più.
Elena Torre – Mangialibri