A distanza di quindici anni dalla prima edizione, è tornato disponibile grazie alla casa editrice Progedit uno dei volumi di maggiore diffusione di Raffaele Cavalluzzi, Cinema e letteratura. Una lunga e discussa relazione (pp. 172, euro 18). L’autore, già ordinario di Letteratura italiana, insegna attualmente proprio Cinema e Letteratura presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. I suoi studi spaziano dalla letteratura del Rinascimento alla questione meridionale, mentre sui rapporti tra cinema e letteratura, sempre per Progedit, ha pubblicato anche Le immagini al potere. Cinema e Sessantotto (2008).
In Cinema e letteratura Cavalluzzi affronta il tema partendo dalle origini: «il rapporto cinema-letteratura è documentato da subito, sin dall’epoca dei pionieri e delle prime realizzazioni del muto, in forma assai stringente ancorché non esclusiva». Ciò avviene in Italia (dove acquista uno spessore autonomo e originale l’esperienza di Luigi Pirandello) ma anche nel resto d’Europa (si consideri, nella Germania degli anni Venti, l’esempio di F.W. Murnau in Nosferatu e in altri film con riferimenti a Marlowe, Molière, Goethe) e negli Stati Uniti, dove «perfino gli spunti narrativi della Bibbia […] diventano occasioni di adattamento» e le moderne mitologie filmiche sono segnate da «un ripiegamento quasi d’obbligo verso la letteratura popolare e d’appendice dell’Ottocento».
Un capitolo a parte è dedicato alla sceneggiatura, che ha finito per diventare quasi un «sottogenere letterario, tanto da meritate da tempo ormai, tramite le pubblicazioni a stampa, un capitolo non esiguo dell’editoria specializzata». Nella sceneggiatura si uniscono, cioè, una componente dominante di natura narrativa ma anche una sua peculiarità derivante dalla considerazione «di una contestualità visiva e uditiva». E che la sceneggiatura sia il punto d’incontro di un singolare rapporto tra cinema e letteratura era anche il pensiero di Pier Paolo Pasolini, espresso in un suo saggio raccolto in Empirismo eretico.
Proprio al poeta-regista friulano Cavalluzzi dedica un capitolo del suo libro, in quanto emblema di una personalità che ha saputo coniugare al più alto livello il proprio profilo di uomo di cinema e di lettere. Da Accattone a Mamma Roma, dal Vangelo secondo Matteo a Salò, la presenza di Pasolini «dietro l’obiettivo con l’intento di voler affrontare lo scenario assai vario della realtà umana come se questo fosse avvolto da uno schermo straniante e ad un tempo trasparentissimo […] è forma della sua stessa disposizione letteraria a guardare come limpido e distante, irraggiungibile, l’arcano materiale del mondo». Un capitolo monografico l’autore dedica a un altro regista italiano che ha plasmato per gli anni a venire il rapporto tra cinema e letteratura, Luchino Visconti. Rispetto alla prima edizione del 1997, un saggio aggiorna rispetto alle ultime esperienze e ai nuovi sentieri tra cinema e letteratura (con riferimenti, ad esempio, a The tree of life di Malick e a Gran Torino di Eastwood): «Il cinema migliore di questi anni conferma peraltro che le grandi sceneggiature […] portano sempre all’eccellenza». Infine, il volume è concluso da un ricco apparato di schede filmografiche.
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