Raccontare l’orrore ai bimbi si può. Con una filastrocca.
27 gennaio 2014
L’orrore della Shoah è, per definizione, irraccontabile. Soprattutto se ci si rivolge a bambini. Ma la parola a volte fa miracoli. E se modulata bene può riuscire nell’impossibile: raccontare l’industria della morte dei campi di concentramento nazisti attraverso la forma lieve della filastrocca, della fiaba, della poesia unita alle immagini palpitanti di disegni e illustrazioni. In punta di stella (pp. 96, € 15, Progedit editore) è un tentativo ben riuscito e rivela già nel titolo questa levità di stile.
«Il tema è ostico e abbastanza difficile», ammette Anna Baccelliere, una delle due autrici insieme a Liliana Carone, che ha curato le illustrazioni, «ma ai ragazzi bisogna raccontare tutto trovando le parole giuste. La memoria è una fiamma che va alimentata con fantasia».
Il filo conduttore del volume è la speranza che l’orrore di quello sterminio non ritorni più e che le giovani generazioni imparino il rispetto dell’altro, del diverso, di ogni prossimo. Problema non banale: il tempo che passa fa scolorire l’impegno della memoria, i sopravvissuti che possano raccontare le loro esperienze diventano sempre di meno. Resta il potere dell’arte, della fantasia, dell’ironia persino.
«Guardo la luna e sono contento / ma nel cuore ho tanto sgomento. / Senza la mamma e il papà / che ci faccio da solo qua?», si legge in una filastrocca del volume. «È un modo delicato e giocoso per porgere ai ragazzi l’orrore della Shoah», spiega Baccelliere, «è un libro che si presenta da solo, non ha bisogno di essere descritto: lo stile poetico e leggero si mescola alla semplicità dei disegni».
E al cielo grigio sopra Auschwitz fa da contrappunto – metafora potente di speranza – un filo spinato raffigurato di tanti colori.
Le autrici – Baccelliere insegna nella scuola secondaria di primo grado ed autrice di vari libri per bambini e ragazzi mentre Liliana Carone è insegnante e illustratrice – hanno girato varie scuole. «Il riscontro», spiega Baccelliere, «è stato positivo, i professori hanno apprezzato il nostro modo delicato di raccontare la Shoah».
L’antologia dei racconti poetici – uno dei quali è stato premiato l’anno scorso ad un concorso austriaco – è scandita dalle citazioni, pensieri, riflessioni di molti deportati. Alla fine, c’è un piccolo alfabeto illustrato dello sterminio corredato da foto vere. C’è la Filastrocca della paura e quella del Sogno bambino più vari racconti. A predominare è l’interrogazione insistita tipica del colloquiare dei bambini. Ma che in questo caso riguarda anche gli adulti che di fronte a quell’orrore non possono far altro che chiedere perché.