Re Gioacchino e il mistero dell’anello

Re Gioacchino e il mistero dell’anello

Una leggenda che si protrae da 200 anni. Cercato in ogni angolo, ma del gioiello non c’è mai stata traccia

Era ora. Finalmente ci ha pensato Pasquale Bellini a dirci la verità sull’anello che Gioacchino avrebbe lanciato nelle fondamenta del primo stabile del Borgo Nuovo. Un po’ lo sapevano tutti che quel furbacchione di Gioacchino ci aveva giocato su questa storia. Non che non fosse generoso: l’eco delle sue imprese è stata ricorrente anche da queste parti (come sapete sono circa mille anni che "riposo" in Baviera, a Bamberga). Ed io il mio mantello stellato l’ho donato davvero all’imperatore Enrico II per la sua incoronazione. E se volete vederlo basta che veniate qui e visitiate il museo diocesano di Bamberga. Magari, già che ci siete, portate un fiore sulla mia tomba (è proprio dietro il Duomo) visto che da Bari non ho visto che pochi cultori di storia cittadina. Ma torniamo a Gioacchino e al suo anello di rubino che tanto appassiona i miei ex concittadini.
Hai voglia a cercarlo. Nessuno l’ha trovato, semplicemente perché non c’era. Finalmente qualcuno (bravo questo Bellini) ha alzato il velo sull’ennesima leggenda cittadina. I baresi, si sa, sono molto creduloni e più una storia è incredibile più ci credono e la propagano. Che volete farci ogni popolo ha i suoi limiti. Da queste parti per esempio sono tutti fissati per la precisione, per la puntualità e, se non hanno prove concrete, le leggende durano solo qualche ora. Che volete ognuno ha i suoi difetti…
Dunque, dicevamo dell’anello di Gioacchino. Ora se siete arrivati sino a me è probabile che abbiate già letto tanto su Gioacchino, su Carolina e su quanto hanno combinato nel bene e nel male dalle vostre parti. Ma una bella efficace e completa sintesi della loro avventurosa esistenza l’ha fatta Pasquale Bellini con “L’anello di re Gioacchino” (Progedit, 65 pagine, 15 euro). Rispettoso della storia, agevole nella scrittura, incalzante nel ritmo, trasmette un’idea completa del re di Napoli, della sua consorte e del contesto di agi e disagi in cui vissero. Una relazione con il cognato (tale Napoleone Bonaparte) fatta di alti e bassi, come d’altra parte era stata all’esordio la sua carriera militare che prese il posto di una disinvolta attività di seminarista.
E aggiungo che Bellini e il suo editore fanno una bellissima azione di "recupero storico" riproducendo il testo che Armando Perotti scrisse per una pubblicazione che casa Laterza dette alla luce in occasione del Centenario della Fondazione del Borgo murattiano (che in realtà si chiamava Gioacchino). Onore al merito per l’idea e per il rispetto di un "padre della patria" come Perotti che tanto amò la sua terra.
Ma la ciliegina sulla torta è senza dubbio alcuno lo "scherzo storico in due atti" che l’autore inserisce nel cuore della sua opera. E lì che si risolve il mistero dell’anello. E’ nella notte che Murat trascorre a Bari tra danze con le nobildonne cittadine e l’ammirazione appassionata di servette che nel borgo nuovo intravedevano anche una sospirata occasione di riscatto sociale. Che Gioacchino fosse un bell’uomo capace di suscitare emozioni anche nelle donne più devote era cosa nota. E così nella notte degli equivoci, dopo danze scatenate, coppe di liquori e dolci (persino le cartellate ad aprile, roba da matti), Gioacchino prova a disfarsi del padrone di casa per insidiare la moglie (che alla corte del re non si era sottratta). Lo incarica della consegna di un plico a Bitonto scommettendo che preferirà rimanere a riposarsi nella notte in quella città. E, invece, l’uomo colto da una sottile inquietudine preferisce il cavallo alla carrozza e impiega tre ore per andare e tornare. Quanto basta per mandare all’aria i piani del re e anche quelli della moglie in fin dei conti. Ma Gioacchino è ignaro del ritorno e nell’oscurità incontra una donna, non ha dubbi sull’identità: nessuno osa resistergli. Ma, senza saperlo, trascorre la notte con una delle serve di palazzo. Una notte appassionata, intensa che il re intende suggellare con un ricordo degno della padrona di casa e dei festeggiamenti organizzati in suo onore. Ed è così che l’avvenente e nobile signora si vede recapitare un plico con un messaggio e l’inaspettato regalo: il famoso anello di rubino è corredato da una breve, ma densa lettera di ringraziamenti. Il sorprendente equivoco strappa un sorriso alla donna e sollecita un’intuizione. Lei ha già capito chi ha preso il suo posto. Chiama la sua domestica e le consegna l’anello di Murat: perché “spetta” a lei. D’altra parte regalo non poteva essere più appropriato… visto che la ragazza di lì a poco si sposerà. Così Bellini ha risolto il giallo dell’anello di Murat. Era ora.

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