L’Università degli Studi di Bari ha rappresentato nella sua storia quel punto di incontro nell’area mediterranea e specificamente adriatica per il quale era stata costituita nei primi anni Venti del Novecento? Grazie al reperimento, non sempre facile, dei dati provenienti dagli archivi universitari e alla loro elaborazione statistica, una prima risposta a questa domanda si ritrova in Gli studenti universitari stranieri. A Bari, in Puglia e in Italia dal Fascismo ai giorni nostri (Progedit, pp. 106, euro 13) curato da Letizia Carrera e comprendente saggi degli altri due sociologi Enzo Persichella e Leonardo Palmisano.
La storia della presenza degli universitari stranieri a Bari può essere sostanzialmente suddivisa in tre grandi aree temporali: la prima comprende il ventennio fascista e i primi anni del secondo dopoguerra, la seconda va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta e si caratterizza per il gran numero di studenti provenienti dalla Grecia, la terza va dagli anni Novanta ai giorni nostri e vede l’incremento complessivo della presenza straniera nelle facoltà universitarie del polo barese grazie in particolare a studenti di cittadinanza albanese o di altri paesi dell’Est europeo.
Sulla capacità di attrazione che l’ateneo barese ha esercitato nei primi anni della sua attività sugli studenti stranieri si sofferma nel primo capitolo Enzo Persichella, rilevando ad esempio la presenza di una discreta comunità rumena, proveniente in particolare dall’università di Iasi, regione con una forte presenza della comunità ebraica cui appartenevano tutti gli studenti (iscritti alla facoltà di Medicina) «per sfuggire alle difficoltà e persecuzioni antisemite che loro son fatte da parecchio tempo in patria loro», come sottolineava il prefetto di Bari in una lettera riservata al rettore. Questi stessi studenti rumeni, evidenzia tuttavia Persichella, non compaiono più tra gli iscritti già nell’anno accademico successivo. Negli anni seguenti i pochi studenti stranieri proverranno soprattutto da Polonia, Germania e Albania.
Fin dai primi anni Cinquanta la presenza straniera dell’ateneo barese riprende a crescere (anche se in misura minore rispetto alle altre università italiane) grazie soprattutto all’arrivo di numerosi studenti greci, iscritti perlopiù alle facoltà di Medicina, Ingegneria e, in misura minore, Agraria. Anche in questo caso, come per quello dei rumeni della prima metà degli anni Venti, si trattava di arrivi dovuti alle vicende politiche che viveva la Grecia in quegli anni, sprofondata in un regime dittatoriale dopo il golpe dei colonnelli. La storia degli studenti universitari greci a Bari è ripercorsa nel volume anche grazie a testimonianze dirette di greci che hanno studiato e si sono laureati a Bari in quegli anni, decidendo di restare a lavorare in Italia. Nei loro racconti torna frequentemente lo spirito solidaristico e comunitario della popolazione universitaria nei loro confronti, insieme alla formazione politica avvenuta soprattutto nei circoli del Pci tra cineforum e assemblee.
Negli ultimi vent’anni, la popolazione universitaria straniera a Bari e in Puglia ha subito un ulteriore profondo stravolgimento, grazie all’incremento generale (dai 357 del 1990-91 ai 910 del 2010-11, con un picco di 998 nel 2005-06), alla presenza fino ad allora assai minoritania delle studentesse (cui è dedicato nello specifico il quarto capitolo) e all’afflusso costante di studenti albanesi, che passano dai 5 del 1990 ai 153 della fine del decennio fino ai 378 del 2005 (che rappresentavano il 37,9% del totale degli studenti stranieri). Il terzo e il quarto capitolo, in particolare, si soffermano su alcune caratteristiche degli attuali studenti universitari stranieri a Bari, raccolte per mezzo di questionari e interviste, «al fine di cogliere atteggiamenti, valutazioni e motivazioni che stanno alla base delle scelte degli studenti stranieri, nonché le loro condizioni di studio e di vita nell’Università e nella stessa città di Bari».