I «carnevali» della maschera e del corpo

I «carnevali» della maschera e del corpo

«È nella maschera che si rivela molto chiaramente l’essenza del grottesco» scriveva Michail Bachtin nel suo saggio sull’opera di Rabelais e la cultura popolare. E proseguiva: «Il motivo della maschera è quello più complesso e più ricco di significato della cultura popolare». Il rapporto tra l’essere e l’apparire è antico quanto ilmondo. Perciòmanifestazioni un tempo ritenute a torto residui del passato, come ad esempio il Carnevale, continuano ad attirare l’attenzione degli antropologi e a smentire gli scettici apologeti delle magnifiche e progressive sorti della modernità.
Il volume curato da Pietro Sisto e Piero Totaro per le edizioni Progedit di Bari, La maschera e il corpo (pp. 308, euro 26), ha ilmerito di non dire cose scontatema di spingere gli studi in profondità, verso il rapporto tra le espressioni ludiche in cui le persone un tempo cercavano la fuga dall’ordinaria realtà e il loro impatto con una modernità che, lungi dal lasciarsi alle spalle tradizioni del passato, ne accentua la ricerca di senso. Infatti le manifestazioni carnascialesche continuano in piena globalizzazione e, quindi, proprio dal lato della modernità lo studio sugli eterni ritorni dell’uomo aimiti e riti dell’essere (il corpo) e dell’apparire (la maschera) può avere un significato più interessante. E dunque ben vengano gli appuntamenti a cui ci sta abituando la pugliese Putignano, una delle capitali del carnevale in Italia, dove ogni anno si incontrano studiosi e antropologi per fare il punto della situazione (il volume di cui ci stiamooccupando è frutto delle relazioni dell’incontro – studio del 2011) nelle varie espressioni di questa festa nel mondo.
La domanda è però sempre la stessa: perché ci si traveste per il Carnevale o per altre feste, perché avviene ovunque, a Putignano o a Viareggio, a Rio de Janeiro o in tante località del pianeta, nel mondo «avanzato» e in quello «arretrato»? Le risposte che i 19 contributi presenti in questo volume vanno dallo «psicodramma carnevale costruito per superare momenti di crisi, preservare la vita e renderla gioiosa» (Scafoglio) alle analisi sulle maschere di Aristofane e in genere della commedia antica (Mastromarco e Zimmermann), dai «monstri» medievali e ai giganti rabelaisiani (Carrassi) ai legami tra il carnevale e il maiale (Sisto). Per proseguire con i rapporti tra la memoria e il presente (Mirizzi), le formee i contenuti dei simboli (Buttitta), le analisi sulle microstorie delle maschere nei carnevali locali (Totaro, Roscino, Resta, Atzori, Satta), gli aspetti letterari delle feste (Cavalcanti) e quelli del cibo (Faeta), quelli dell’incontro tra poesia e maschera (Tateo), e il rapporto corpo-maschera nella rete globale (Melotti). E dopo una puntuale riflessione sul carnevale ebraico di Moni Ovadia, è Luigi Lombardi Satriani a sottolineare che «ancora una volta si tratta di conquistare il plurale, capire perciò che non c’è il Carnevale ma i Carnevali, come “identità” che attraverso la conquista “delle identità” ci ammonisce che l’indispensabile senso di appartenenza non può mai essere usato come clava per scagliarsi, in nome di una propria improbabile superiorità, contro le identità altrui».

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