“Alfabeti ecologici” di Laura Marchetti

“Alfabeti ecologici” di Laura Marchetti

A poche settimane dall’assegnazione del Premio Nobel per la Pace all’Unione Europea (sulla cui percezione e il suo auspicabile sèguito abbiamo già scritto qui), il dibattito sull’integrazione comunitaria procede prendendo talvolta di mira l’eccessiva produzione di documenti, regolamenti, direttive dei diversi organismi dell’Unione. Uno dei temi su cui più si sono concentrate le normative comunitarie è quello dell’ambiente (si pensi, solo per fare un esempio tra i più noti, alla Rete Natura 2000 sancita dalla direttiva Habitat). Eppure proprio alla produzione di documenti e di iniziative sull’ambiente da parte europea si deve una diffusione dell’educazione ambientale nelle società degli Stati membri che ha innescato un meccanismo virtuoso, che ha reso la questione ecologica centrale (o quantomeno assai più rilevante di prima) nelle scuole, in alcuni programmi politici, nella sensibilità di una crescente parte della popolazione.
Non è quindi un caso che Laura Marchetti faccia riferimento anche all’Europa, a un’«Europa cosmopolita, questa Europa di biodiversità naturale e culturale» in cui alberga la possibilità, citando Freud, di «una più ampia patria», e a un documento fondamentale come la Convenzione europea sul paesaggio del 2000, nel suo ultimo libro Alfabeti ecologici (Progedit, pp. 104, euro 15). Docente di Didattica generale all’Università di Foggia e già sottosegretario all’Ambiente nel secondo governo Prodi (a quest’ultimo incarico risalgono i due documenti riportati in Appendice, di cui si consiglia la lettura specialmente a chi immagina comodamente un’indistinta attività politica tra i governi di centrodestra e di centrosinistra), Marchetti in questo libro traccia un percorso sull’educazione ambientale che incrocia, proprio per la sua storia personale, la scuola e la politica, ma anche una riflessione sul destino dell’Europa e del Mediterraneo e sul futuro dei nostri paesi e dei nostri paesaggi di fronte al mutamento urbanistico che verte tutto sui centri commerciali e sugli imponenti edifici progettati dalle archistar.
La nuova «alfabetizzazione ecologica» da cui dipenderà la sopravvivenza dell’umanità nei prossimi decenni passa secondo l’autrice attraverso tutti questi temi affrontati nel libro, nessuno escluso, e anzi soltanto con una loro forte interdipendenza. In questo modo, «l’educazione ambientale si arricchisce perciò di una ulteriore dimensione, diventando ‘educazione alla cittadinanza attiva’, alla partecipazione e al controllo democratico esercitato dalle comunità locali sulle scelte politiche, economiche, infrastrutturali fatte sul territorio»: un controllo democratico come quello esercitato della popolazione di Savona, che con un referendum ambientalista si è opposta nel 2010 a una torre-fortezza «a forma di tornado» progettata da Massimiliano Fuksas e che avrebbe portato uno spicchio di Dubai nel mezzo dell’incantevole paesaggio della spiaggia della Margonara, tra Albissola e Savona. All’opposto, Marchetti rievoca le esperienze antiche delle città-giardino e riprende dalle conclusioni del Manifesto di Edgar Morin e Henri Laborit del 1984 l’idea della «naturbanizzazione», «già sperimentata nella ‘politica delle cinture verdi’ di alcune città europee, in particolare a Parigi che punta […] su un recupero della ruralità nella città, non sopprimendo l’agricoltura per trasformarla in parchi e giardini, ma facendola diventare ‘una infrastruttura verde della città‘». Ancora una volte le buone pratiche delle città e degli altri Stati europei come modello per una crescente qualità della vita.

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