Non poche volte, leggendo le cronache politiche di Brindisi o guardando in qualche televisione locale le riprese dei consigli comunali della città dove Domenico Mennitti è primo cittadino dal 2004, con la prospettiva di rimanere in carica fino al 2014, ci siamo domandati che cosa lo abbia spinto a ritornare là dove la sua avventura è partita, negli anni ’50. Lui che nell’Msi aveva già raggiunto incarichi parlamentari, nazionali ed europei, perché andava a fare il sindaco, invertendo il tradizionale “cursus honorum” di un uomo politico? E l’editorialista e direttore di grandi quotidiani, l’intellettuale fondatore di prestigiose riviste di cultura politica nell’area di centrodestra, come “Proposta” e “Ideazione”, quali stimoli culturali trovava nella sua città? Ora che Mennitti ha dato alle stampe la sua autobiografia politica, “Destra e democrazia” (Progedit), la cosa che abbiamo voluto cercare in queste pagine, tra le tante possibili, è una risposta a questi interrogativi: perché a settantun’anni, invece di occupare un tranquillo scranno senatoriale e organizzare convegni a Roma, affronta il peso di amministrare una città del Sud, con tutti i problemi grandi e ordinari, le emergenze, e spesso le bassezze di paese, che ciò comporta? «Ho una natura curiosa e aborrisco l’abitudine, che toglie l’entusiasmo e butta tutto in routine», scrive Mennitti, e in parte la psicologia dell’uomo spiega la sua scelta. La ragione vera sta però forse nella passione che emerge da un libro che tutto è fuorché il “De senectute” del suo autore: libro politico, perché unisce memoria e progetto, alternando alle parti di ricostruzione degli eventi, a cui spesso ha partecipato da protagonista, riflessioni che riguardano il presente e il prossimo futuro. Su temi come il Mezzogiorno, le riforme, il federalismo, l’Europa, Mennitti ci ricorda qualcosa che gli scrittori politici attuali (ammesso che ce ne siano, poiché il genere non riscuote particolare fortuna) hanno dimenticato: che si può pensare politicamente solo partendo dalla storia, dai fatti più o meno recenti, dai caratteri delle persone, e dalle vicende delle organizzazioni che hanno determinato il presente in cui siamo. Né ricordi venati di nostalgia, né vaghi manifesti d’intenti, ma un sottile equilibro tra storia e prospettive è il metodo che qui Mennitti ripropone. «La politica, è noto, non gode di buona salute e neppure di buona fama. La convinzione, diffusa anche da una pubblicistica che ostenta rigidità nel condannare tutti per assolvere di fatto tutti, è che chi si candida a una carica pubblica lo fa per tornaconto personale. Questa livella anticipata al tempo della vita è un incentivo a farsi i fatti propri, a evitare il cimento pubblico, dal quale possono derivare solo prevenute ostilità, calunnie, aggressioni morali e talvolta persino fisiche». C’è qui la politica come sfida intellettuale e scelta di vita che ti porta a lavorare nel presente, cercando di rileggere il passato di una città e di un percorso di vita per farne la base su cui costruire il futuro. Brindisi, come buona parte della Puglia e del Mezzogiorno, ha vissuto il secondo dopoguerra sulle speranze dell’industrializzazione rapida. Speranze che sono andate in frantumi con la crisi degli anni ’70, lasciando città desolate e deluse, «come se la vita si fosse fermata, con tanti giovani malinconici perché si sentivano esclusi dai sistemi della conoscenza, abbrutiti da anni di malavita». Poi, ad aggravare tutto, sono venuti gli anni del vento della secessione, durante i quali, ed è storia di oggi, le accuse di irrecuperabilità del Sud sono state sempre più strumentali, nota Mennitti senza mezzi termini. Aver scelto di fare il sindaco a Brindisi ha significato confrontarsi con la sfida del Mezzogiorno postindustriale, cercando soluzioni non rinunciatarie o rassegnate. E un libro che non perde di vista la dimensione nazionale ed europea, in un percorso che ha portato l’autore a tornare al locale, è la migliore testimonianza di quanto le province, i paesi, le città conservino un patrimonio di conoscenze che devono essere tradotte su un piano non locale e non provinciale, da riscoprire reinterpretandole, per costruire una nuova modernità. «Nel deserto dell’attenzione, – conclude Mennitti – che caratterizza questa fase della vita politica e culturale del Mezzogiorno, riorganizzarsi è un dovere al quale tutti dobbiamo rispondere presto. Vivo a Brindisi, da sindaco, una battaglia sul campo e vorrei condividerne lo spirito con tanti altri che ogni giorno si dibattono fra preoccupazioni ed entusiasmo».