In un’epoca di transizione storica caratterizzata da un radicale individualismo e da un diffuso smarrimento morale, la religione torna ad assumere un ruolo determinante sulla scena politica e pubblica delle società contemporanee. Non è un caso che, il dibattito sull’influenza della sfera religiosa nello Stato liberale, abbia assunto, negli ultimi decenni, una rinnovata centralità, producendo divisioni e conflitti, non solo nel dibattito intellettuale, ma soprattutto in campo politico. Questo l’assunto che muove il nuovo saggio di Alessandro Lattarulo, Sociologo dell’Università di Bari e da tempo impegnato in percorsi di ricerca che indagano il rapporto tra Etica e Politica (A. Lattarulo, Stato e religione. Gli approdi della secolarizzazione in Bockenforde e Habermas, Progedit, Bari, pp. 116, € 15). Una dimensione post-secolare, la nostra, in cui verrebbe confermandosi una celebre tesi espressa dal costituzionalista tedesco Ernst-Wolfang Bockenforde nel 1964, il quale sosteneva che i modelli liberal-democratici non avrebbero saputo garantire un solido equilibrio tra Libertà e Morale a scapito di quest’ultima. Un’inadeguatezza strutturale dello Stato liberale occidentale che, affidando indirettamente la sfera dell’etica al (libero) mercato delle opinioni e delle posizioni, avrebbe nutrito al proprio interno, il (de)generare di protagonismi e singolari radicalizzazioni di pensiero e di azione. Basti pensare alle tensioni neo-conservatrici che caratterizzano il dibattito monoculturale sulle (presunte) ‘radici dell’Europa’ o la riflessione (strumentale) dello scontro di civiltà, che ‘legittima’ il dispiegarsi di conflitti su scala mondiale, in nome di una pro-posizione totalitaria di idea di Dio come patrimonio esclusivo di un modello culturale. A proporre una mediazione in questa pericolosa dicotomizzazione tra neo-positivismo e ripiegamento religioso è Jürgen Habermas, ultimo esponente della Scuola Critica di Francoforte e fervente sostenitore di un percorso di reciproco riconoscimento tra i due universi di pensiero, possibile solo attraverso una riflessione ermeneutica nelle società occidentali. Un processo di apprendimento reciproco tra fede e scienza, trascendenza e laicismo, che abbia come finalità quella di legittimare una ‘filosofia della religione’ in grado di orientare una lettura relativizzante dell’appartenenza identitaria, favorendo l’affermarsi di un pluralismo pacifico tra culture.