Vite mature e vite spezzate sul filo di un sogno d’arte

Vite mature e vite spezzate sul filo di un sogno d’arte

 

Colpo d’occhio/

Vite mature e vite spezzate/sul filo di un sogno d’arte/

Una mostra per i 60 anni di Raffaele Nigro – Un ricordo per Arrigo Atti – Un libro su Luca Samele, scomparso a 27 anni//

Si è appena conclusa a Bari una mostra con la quale una ventina di artisti hanno inteso festeggiare i sessanta anni di Raffaele Nigro. Sono autori di diversa estrazione culturale e di variate scelte espressive. E questo è gia un bell’omaggio per Raffaele: che di arte e di artisti si occupa con sensibilità di intellettuale “meridionale” e di fine scrittore, e scrupolo di giornalista impegnato nel servizio di attenzione agli eventi e agli attori della cultura sul territorio. Per questo sono stato lieto di rendergli anch’io testimonianza di stima, con le poche righe che mi è stato chiesto di redigere, a nome del gruppo, per la rassegna ospitata da Bluorg. Le ho scritte con animo di solidarietà che va oltre le nostre personali opinioni sull’arte e sulla critica. Solidarietà nel sapere, anche per esperienze in comune, che nel Sud la cultura ha bisogno innanzi tutto di modi di confronto, di strutture di aggregazione. E di civiltà di rapporti.
In questo spirito, sento di dover cogliere l’occasione per assolvere ad un debito che ho da tempo con un amico scomparso, che di battaglie per la civiltà della cultura è stato protagonista esemplare. Parlo di Arrigo Atti, che con la sua “Panchetta” ha presidiato per quasi mezzo secolo una postazione importante per la crescita dell’arte a Bari. Dal 1963 – anno in cui egli aprì la piccola ma elegante galleria nel suo signorile palazzo di corso Cavour – sino alla morte, Arrigo ha promosso cultura come servizio disinteressato alla comunità. Lui, esponente di quella borghesia delle professioni e dei traffici – scrissi in occasione dei trent’anni della “Panchetta” – che aveva preso in parola l’impegno preso da Gioacchino Murat, quando – posando nel 1813 la prima pietra del borgo nuovo – promise “Ne faremo una grande e bella città”. L’avvocato Atti sentiva di dover partecipare a quell’impresa (tuttora incompiuta) senza alcuna retorica: con discrezione, umiltà, intelligente ascolto del nuovo che avanzava, e partecipazione generosa alle iniziative che cercavano di favorire la crescita collettiva. E questo senza attendersi nessuna contropartita o vantaggio, nemmeno per gli autori che ha presentato nella sua galleria con coerenza non retrograda di gusto. Coerente nella fedeltà anche quando a Bari molte di quelle speranze declinavano. E soprattutto avanzava l’inciviltà arrogante dei rapporti, l’arrivismo di certi personaggi anche nel campo dell’arte.
Quanto questo degrado abbia danneggiato il percorso delle nuove generazioni, non starò a dire, e non è certo questo il luogo giusto. Giusto mi sembra invece per collegare al filo dei ricordi un rappresentante di queste generazioni, anche lui scomparso, ma a soli 27 anni, per un tragico incidente a Berlino, nel 2003. Parlo di Luca Samele, che dopo aver frequentato l’Accademia di Mola-Bari, ed aver cominciato a farsi conoscere in alcune mostre giovanili, era andato a perfezionarsi a Venezia e aveva poi deciso coraggiosamente di tentare l’avventura berlinese, come altri giovani hanno fatto e fanno. Ho per le mani un intenso volumetto della editrice barese Progedit, ristampato di recente, in cui si ripercorre la sua storia per molti versi anch’essa esemplare. La testimoniano i suoi professori di Accademia, Saverio Pansini che ha curato il libro, Giusy Petruzzelli che lo seguì nei primi passi in arte, Mario Colonna allora direttore dell’Accademia, e la madre Angela. Dai murales spontaneistici al percorso di pittura“espressionista” macerata in direzione di un astrattismo cosmico e frattalico, sino alla insorgenza di fantasmi di sofferto simbolismo, si delinea un percorso di tormenti creativi e di inquietudini esistenziali. Di queste inquietudini faceva parte anche la consapevolezza di dovere affrontare nel freddo Nord la sfida difficile della realizzazione di sé, e insieme la mancanza del suo Sud.
Raffaele Nigro non si adonterà se questo discorso partito da una festa di compleanno si chiuda sulla commemorazione di una “vita spezzata” (è il titolo del libro). Tutti noi possiamo riconoscere in queste vite di tempi diversi una qualche parte della nostra storia, e della nostra città. E chi si accolla ancora – come chi qui scrive – il compito di testimoniare e ricordare, potrà invocare come giustificazione la battuta agra di Groucho Marx: “Invecchiare è quello che fai se sei fortunato”.

 

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