Gennaio è il mese di sant’Antonio Abate, protettore di animali, fuoco, malati di peste e di herpes zoster, ma è anche il mese della fiera dei fischietti in terracotta a Rutigliano: il più antico a forma di galletto, ritrovato a Cala Scizzo, risale al quattordicesimo secolo. La ricorrenza del santo, il 17 gennaio, segna l’inizio del Carnevale e per questo a Rutigliano si dice “sant’Anduene maskere e suene” e le maschere e i suoni sono proprio quelli dei festeggiamenti figulo-carnascialeschi. Dall’ “anno nuovo, vita nuova” si scivola a febbraio, corto e amaro, che si accende con le candele della candelora, il 2 del mese, quaranta giorni dopo la nascita di Cristo. La luce delle candele benedette è simbolo del lumen gentium che dissolve le tenebre del peccato, ma serviva, all’occorrenza, a proteggere da temporali e fulmini. Per la festa di San Valentino a Vico del Gargano, l’altare della chiesa matrice viene addobbato di arance (il santo è protettore degli aranceti) e chi vuole un aiutino in amore si rivolge a lui portando in dono gli agrumi. Sono solo alcuni assaggini della ricca portata di cultura regionale preparata da Nino Lavermicocca, Vito Maurogiovanni e Vittorio Stagnani per i Lunari di Puglia (Progedit) un volume impreziosito dagli acquerelli dello stesso Stagnani che rimandano alle decorazioni dei piatti-ricordo. E’ una ricerca tra proverbi e tradizioni, colori e profumi di fiori e piante, sapori della gastronomia, itinerari tra sagre, masserie, musei e cattedrali. Con racconti “in punta di penna” come quello dedicato alla tappa di Gabriele D’Annunzio a Gioia del colle. Aprile, ovviamente dolce dormire, ma anche occhi bene aperti per gustare “lu riu”, la Pasquetta salentina, oppure la festa di San Giorgio a Chieuti, nel foggiano, il 23, con la processione degli allori. A novembre (o si semina o si pianta) non manca un riferimento alla festa d’importazione di Halloween. La Puglia, ricordano gli autori, ha già nel dna folklorico una ricorrenza per le persone scomparse: la Befana dei morti. Novembre, scrivono, profuma di arance, mandarini e limoni, colti in quei misteriosi giardini che sorgevano all’interno delle abitazioni: “gli ultimi lembi dell’immensa campagna nella quale erano sorte le nuove vie e le nuove case e i tanti sottani di quella che una volta veniva chiamata Bari nuova”.